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La Cappella del Corporale del duomo si Orvieto venne costruita per custodire la preziosa reliquia del Miracolo di Bolsena. Tutta la cappella è stata affrescata fra il 1357 e il 1364 da Ugolino di Prete Ilario e può essere considerata un trattato di teologia eucaristica per immagini.

Molti affreschi si riferiscono a prefigurazioni veterotestamentarie dell’eucaristia e a miracoli eucaristici, come quello di Bolsena, accaduto 750 anni fa e rappresentato sulla parete destra della cappella. Proprio di quest’ultimo affresco vogliamo ora parlare. Ugolino di Prete Ilario ha impostato la narrazione del miracolo eucaristico di Bolsena, e dei fatti ad esso connessi, su tre registri: alto, medio e basso.

La storia viene raccontata per sequenze.Nella prima, in alto a sinistra, vediamo il miracolo vero e proprio. Il sacerdote boemo Pietro sta celebrando la messa nella chiesa di Santa Cristina a Bolsena. Egli sta consacrando il pane e il vino, riusciamo a capirlo anche dalla sua posizione curvata, richiesta ad ogni celebrante, sia come forma di rispetto verso Cristo che si rende presente, sia perché, come insegna Sant’Agostino, le parole raggiungono la materia e la fanno diventare sacramento. Pietro è rivolto verso l’altare e dà le spalle al popolo, come era in uso prima della riforma liturgica del Vaticano II. In questo momento, mentre egli è preso da un dubbio sulla presenza reale, dall’ostia stillano alcune gocce di sangue che vanno a macchiare il corporale.

La seconda sequenza si svolge ad Orvieto ed in essa si vede il sacerdote Pietro inginocchiato, in segno di rispetto e di gerarchica subordinazione, davanti a Papa Urbano IV. Il pontefice siede su un trono elevato, sul suo capo è posta la tiara, formata da una sola corona (col tempo si aggiungeranno le altre due fino a formare quella che oggi conosciamo). Il papa spalanca le mani in segno di stupore per quello che il sacerdote Pietro sta raccontando. Ad ascoltare l’incredibile racconto del sacerdote boemo c’è anche un gran numero di cardinali vestiti col tradizionale abito rosso porpora.

Nella terza sequenza, l’ultima del registro alto, il papa Urbano IV affida a Giacomo, Vescovo di Orvieto, il compito di indagare sulla veridicità del racconto di Pietro. Giacomo, come ogni vescovo, indossa la mitria.

A differenza del primo registro, gli altri due sottostanti si compongono di due sole sequenze. La prima sequenza del registro medio mostra il vescovo Giacomo mentre constata la veridicità del miracolo. Egli è stato condotto a Bolsena da Pietro, che appare inginocchiato davanti all’altare.

L’altra sequenza, che occupa uno spazio doppio rispetto alla prima, mostra l’arrivo della sacra reliquia nella città di Orvieto. Il vescovo Giacomo sta attraversando un ponte sul fiume Riochiaro e mostra al Papa il corporale macchiato di sangue. Il pontefice è inginocchiato e prega davanti alla reliquia; indossa i paramenti liturgici e sulle sue mani possiamo scorgere le chiroteche. Alle sue spalle, due membri della corte pontificia portano una croce astile, simbolo del potere spirituale, e il sinichio, una sorta di ombrellino che indica il potere temporale. Segue uno stuolo di cardinali, vescovi, religiosi e una gran folla di popolo accorsi per ammirare l’incredibile fatto.

Spostando la nostra attenzione sul registro basso vediamo la penultima sequenza. Urbano IV si affaccia dal palazzo papale di Orvieto e mostra al popolo il corporale. Nell’ultima sequenza, che chiude questo ciclo pittorico, vediamo san Tommaso d’Aquino che consegna al papa il testo dell’inno “Pange lingua gloriosi” scritto per onorare il mistero eucaristico.

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