Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

Archivi del mese: febbraio 2014

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La chiesa di San Benedetto Martire è la più antica della nostra città. Essa sorge sul luogo dove da tempo immemorabile si conservano i resti mortali del santo eponimo. L’edificio che oggi vediamo risale al XVIII secolo ed è opera dell’architetto Pietro Augustoni.

La chiesa è a navata unica. Oltre all’altare maggiore, vi sono altri sei altari, tre a destra e tre a sinistra. Varcata la porta, troviamo, murata nella controfacciata, la parte di una lapide che in origine era posta sul sepolcro di San Benedetto e che, secondo le ricostruzioni che sono state fatte, ci fornisce qualche dato sulla vita di San Benedetto. Il martire aveva una sorella gemella di nome Frutta che visse 58 anni, egli invece morì all’età di 28 anni il giorno 13 ottobre (probabilmente 304), quando erano Augusti Diocleziano e Massimiano.

Osservando poi il primo altare sulla parete destra possiamo notare due statue lignee: quella della Madonna Addolorata del 1950 e, in basso, quella del Cristo Morto del 1880.

Sopra al secondo altare della parete destra, vediamo una tela del XVIII secolo nella quale è raffigurata la Madonna del Carmelo che regge Gesù Bambino. Il divin fanciullo sta donando gli “abitini” a Santa Apollonia, riconoscibile dalle tenaglie che ha in mano, suo caratteristico simbolo iconografico. Assistono alla scena anche Santa Lucia, che regge in mano i suoi occhi, e San Nicola di Bari che ha in mano tre palle d’oro.

Sopra al terzo altare della parete destra possiamo ammirare la Pala della Madonna del Rosario, opera del XVI secolo. In questo dipinto distinguiamo due mandorle: in quella più esterna sono rappresentati i 15 misteri del Rosario, mentre in quella interna vediamo la Vergine e Gesù Bambino nell’atto di donare le corone del Rosario a San Domenico e a Santa Caterina da Siena.

Fra le due mandorle corre una fascia, sulla quale troviamo la frase del Salmo 45: “Astitit regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietate”. Al di sopra della mandorla scorgiamo due angeli oranti, mentre sotto di essa possiamo vedere due uomini che sorreggono dei cartigli: su quello di sinistra si legge “Egredietur virga de radice jesse” (Is 11,1) mentre su quello di destra è scritto “Ecce virgo concipiet et pariet filium” (Is 7,14).

Volgendo la nostra attenzione ora sull’altare che troviamo nella parete di fronte, possiamo ammirare la statua del santo patrono: Benedetto è rappresentato come un giovane soldato romano. Sopra la sua armatura indossa un mantello di colore rosso. Con la mano sinistra tiene una palma, simbolo del martirio, mentre con la destra regge un modellino del Paese Alto. Presso questo altare, visibili al pubblico, possono essere venerati il cranio e le ossa del santo.

Sul secondo altare della parete sinistra troviamo il simulacro della Immacolata Concezione, una immagine molto venerata perché, grazie alla sua intercessione, nel 1855 cessò nella nostra città la piaga della peste. Ogni anno l’8 dicembre, come segno di gratitudine verso la Vergine, questa statua viene portata in processione.

Fra questi due altari non possiamo non notare il luogo dove riposa Padre Giovanni dello Spirito Santo, al secolo Giacomo Bruni, sacerdote passionista sambenedettese che si spense a soli 23 anni e che la chiesa ha riconosciuto come Venerabile. Il dipinto è opera dell’artista don Luigi Sciocchetti, fratello di Mons. Francesco Sciocchetti, benemerito parroco della Madonna della Marina dal 1890 al 1920.

L’ultima pala d’altare che osserviamo risale al XVIII secolo e mostra le anime del purgatorio che grazie all’intercessione di San Giacomo della Marca e di San Pietro d’Alcantera si protendono verso la Madonna e Gesù Bambino nella speranza di raggiungere il cielo.

Se ora spostiamo la nostra attenzione nella zona del presbiterio e più precisamente sull’abside, possiamo notare la pala d’altare, realizzata nel 1707 dal pittore fermano Ubaldo Ricci, raffigurante la scena dell’Ultima Cena. Il Signore Gesù e gli apostoli sono radunati attorno alla mensa. Giovanni è appoggiato sul petto di Gesù e alla sua figura si contrappone quella di Giuda che, voltando le spalle a Gesù, abbandona la mensa.

Nell’abside si possono scorgere alcuni angeli che reggono in mano i simboli della passione: la colonna, la canna con la spugna, il martello, la corona di spine, il calice, la scala, le tenaglie e la croce. La pala d’altare e i putti ci introducono, attraverso il linguaggio delle immagini, al mistero che sull’altare viene celebrato: con il pane e il vino consacrati Gesù ci invita alla sua mensa che è memoriale del suo sacrificio.

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BOLOGNA – “La bellezza della festa. Iconografia e arte nel mistero cristiano”. È questo il titolo di un’interessante iniziativa promossa dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna in collaborazione con l’Arcidiocesi di Bologna. Da gennaio a maggio, con cadenza mensile, si terranno degli incontri presso la sede della pinacoteca e ai visitatori sarà proposto un percorso di lettura di opere d’arte che rapresentano varie feste cristiane.

Franco Faranda, direttore della pinacoteca, ha dichiarato al quotidiano “La Repubblica”: “L’iniziativa è stata nostra di fronte all’evidenza di un numero sempre crescente di persone che non hanno più consuetudine coi riti della Chiesa ed hanno così perso le conoscenze di base per leggere un quadro religioso. Un danno vistoso, considerato che l’80 per cento della nostra raccolta è a tema sacro. Ci siamo resi conto che molti visitatori non sanno che cosa è la Pentecoste e che pure iconografie come l’Annunciazione non sono così immediate”.

Per conoscere meglio questa iniziativa, abbiamo intervistato Don Gianluca Busi, membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra e ideatore con Franco Faranda della mostra.

Don Gianluca, quando e come è nata questa iniziativa?

L’iniziativa comincia in maniera singolare! Ho tenuto una conferenza nella biblioteca storica dei francescani della mia città, lo scorso anno, dal titolo: “Capolavori mariani alla Pinacoteca Nazionale di Bologna”. Mi proponevo di condurre una sorta di “visita virtuale” al Museo nell’ambito di un programma di spiritualità, attraverso l’arte a tema mariano, che è stata filmata e pubblicata su youtube sul mio canale “gianluca busi”. Con mia grandissima sorpresa ho ricevuto entro breve tempo una telefonata personale da parte del direttore della Pinacoteca, il dottor. Franco Faranda, che, molto contento del mio intervento, mi invitava ad una collaborazione.

In che modo è stato coinvolto nella preparazione di questo evento?

Dopo un primo incontro, abbiamo fissato i termini per un reciproco patrocinio, coinvolgendo la mia diocesi ed il ministero per i beni culturali. Si è trattato soprattutto di evidenziare le reciproche competenze. Per motivi storici risaputi, la critica artistica in occidente vive all’interno di una frattura non sanata. Infatti l’approccio accademico risente della critica vasariana, ripresa nel secolo scorso dal Longhi e presente nei manuali che tende a privilegiare la ricerca filologica delle opere d’arte. Al contrario l’approccio ecclesiale, riproposto di recente, soprattutto attraverso l’opera miliare di Mons. Timothy Verdon di Firenze, tenta di ricollocare l’opera d’arte nel cosiddetto “contesto nativo”. Cerca cioè di leggere un dipinto o una scultura, ripensandola nel luogo originario per cui fu eseguita.

Colto questo punto, abbiamo pensato ad interventi a due voci, in cui la soprintendenza si prende cura di descrivere l’aspetto filologico di un’opera, mentre per noi della Diocesi si tratta di ricollocare  le opere d’arte alla luce della storia del popolo di Dio e di come le percepiva nel contesto della Liturgia celebrata.

Lei ha guidato già il primo dei 5 appuntamenti che sono in programma. Quali sono le sue impressioni e come hanno risposto i visitatori?

In realtà io ho soltanto introdotto l’iniziativa per il primo appuntamento, mentre l’introduzione vera e propria è stata di un delegato del mio Cardinale Arcivescovo Carlo Caffarra. Io stesso però compaio fra i relatori e terrò due conferenze dedicate al tema dei “crocifissi” e della “Pasqua”, nel taglio peculiare che come diocesi abbiamo scelto, quello cioè della cosiddetta “spiritualità attraverso l’arte”.

La cosa che ci ha sopreso è stata il numero dei partecipanti! Non sono bastati i posti a sedere nella già ampia Aula Magna della Pinacoteca! La mia impressione è che l’inziativa sia soltanto agli inizi, e che riceverà nel tempo un notevole sviluppo, anche perché il contatto con i destinatari ci consente di elaborare una strategia sempre più efficace ed “a misura” del nostro uditorio. Faccio notare  che le conferenze vengono filmate in modo professionale da un operatore che ha lavorato per la RAI e che sappiamo raggiungere migliaia di utenti in rete.

Credo che il punto di forza sia la formula coinvolgente che vede all’inizio le due conferenze concertate come dicevo a “due voci”, che poi prosegue nella visita “in situ” alle opere cui era dedicato il tema della giornata, nella fattispecie per il primo incontro, il tema del “Battesimo di Gesù”.

Una cosa di cui soffre spesso il visitatore di un Museo infatti è quella specie di distacco, “gap” incolmabile, fra il fruitore e l’opera d’arte. Questo avviene perché la ricerca accademica tende ad un eccessivo rispetto del visitatore, cercando di non comunicargli mai un’ermeneutica dell’opera d’arte che sia realmente fruibile. Questo avviene a mio parere a causa di un eccesso di rispetto pensando erroneamente che il visitatore abbia già una conoscenza adeguata dell’opera e che non debba essere influenzato da nessuna interpretazione.

Al contrario l’approccio di questa iniziativa si pone proprio l’obiettivo di comunicare una interpretazione nel contesto, quindi molto precisa, in vista di una sorta di “ri-alfabetizzazzione” del visitatore che spesso non ha più nessuno strumento per ricongiungersi con un dipinto che non appartiene alla sua cultura di riferimento.

Quando è nata la sua vocazione artistica?

Dipingo da quando ho tre anni, la mia prima maestra di pittura è stata mia madre che nello studio di Sartoria casalingo mi correggeva i primi disegni. Tuttavia mi sento un iconografo. Ho cominciato a dipingere icone in età adulta verso i trent’anni, a causa di un soggiorno presso di una comunità religiosa fondata da don Dossetti, vicina alla spiritualità orientale e all’iconografia canonica. Da circa vent’anni divido il mio ministero sacerdotale fra l’attività di Parroco ed insegnante con la pittura di icone.

Possiamo dare ai nostri lettori tutti i riferimenti per potervi raggiungere?

Certamente: le conferenze come ho già avuto modo di dire sono disponibili sul canale youtube “gianluca busi” in una playlist dal nome “bolognafedearte”. Ma possono essere reperite, insieme ad immagini di repertorio, sulle pagine fb della “Pinacoteca Nazionale di Bologna” e alla pagina “bolognafedearte”. Pensiamo anche di aprire un forum ed un gruppo fb in futuro, nel desiderio di cercare un contatto con i nostri destinatari per affinare continuamente questo progetto.

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