Archivi del mese: marzo 2015
Nell’imminenza della Pasqua, proponiamo questo video nel quale don Gianluca Busi, iconografo, membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra di Bologna e uno dei principali animatori della Compagnia di San Giovanni Damasceno, spiega come il mistero pasquale sia stato rappresentato nel corso dei secoli.
Secondo il sacerdote, siamo abituati ad immaginare la resurrezione così come ce la propone Piero della Francesca e cioè col Cristo che esce dalla tomba glorioso e vincitore. Tuttavia, una simile rappresentazione è lontana dalle fonti evangeliche e dalle raffigurazioni dei primi cristiani.
Infatti, stando ai vangeli, nessuno ha visto Gesù nell’atto di risorgere. Piuttosto la Sacra Pagina si sofferma sulle esperienze che i discepoli hanno fatto del Risorto che a loro si è manifestato. Nei primi secoli poi, i cristiani hanno rappresentato il principale mistero cristiano attraverso simboli e metafore.
A partire dal VI secolo si afferma l’immagine di Cristo che scende negli inferi e libera Adamo ed Eva. Nel XIV secolo Ambrogio Lorenzetti dipinge per la prima volta il Cristo che esce dal sepolcro. Questa modo di parlare della resurrezione si afferma in modo ancora più compiuto con Andrea del Castagno che rappresenta il risorto osservato da un uomo.
n occasione della festa dell’Annunciazione proponiamo un video di don Gianluca Busi, iconografo, membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra di Bologna e uno dei principali animatori della Compagnia di San Giovanni Damasceno.
Nella prima parte, don Gianluca mostra come il tema dell’annunciazione sia stato rappresentato da artisti come Simone Martini, il Beato Angelico, Filippo Lippi e Leonardo da Vinci.
Nella seconda parte Don Claudio Arletti, parroco di Maranello e biblista, si sofferma sul tema della libertà, senza la quale non ci sarebbe stata l’Incarnazione.
Infine don Gianluca analizza un’icona dell’annunciazione realizzata dagli iconografi contemporanei Laura Renzi e Giovanni Raffa che si sono ispirati a quella realizzata nel XIV secolo da Andrej Rublëv.
Don Gianluca, grazie all’ausilio delle immagini e a una profonda lettura iconologica, ci introduce nel mistero dell’incarnazione e ci fa apprezzare il valore catechetico delle opere d’arte.
È il simbolo stesso della nostra religione, la troviamo rappresentata nei più svariati modi, gli artisti hanno intrapreso una sorta di gara per raffigurarla. Stiamo parlando della Croce. Don Gianluca Busi, iconografo e membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra di Bologna, ci aiuta con questo video a leggere alcune opere d’arte per introdurci al mistero della morte e resurrezione di Cristo.
Se è importante saper collocare ogni opera d’arte in situ, lo è tanto più per le opere sacre che sono state pensate per uno spazio liturgico. Ciò, ovviamente, vale anche per la croce. Nelle antiche chiese trovava spazio sopra una sorta di tramezzo che divideva il presbiterio dal resto della chiesa. In una simile posizione, la croce veniva a sovrapporsi col volto del Cristo glorioso collocato. In tal modo, il fedele riusciva a percepire il mistero della morte e resurrezione con straordinario equilibrio.
Le cose cambiano con l’affermarsi della spiritualità francescana a partire dal XIII secolo. Il Poverello di Assisi aveva una grande venerazione per il Cristo crocifisso e così la rappresentazione del Nazareno prende sempre più le forme di quello che gli storici dell’arte chiamano “Christus patiens” (= Cristo che soffre).
Attraverso le più svariate raffigurazioni della croce, don Gianluca Busi condurrà le persone a meditare sulla ricchezza del mistero pasquale.
Dopo l’intervista dell’anno scorso a un suo ex professore, in occasione del secondo anniversario dell’elezione di Papa Francesco, abbiamo intervistato Jorge Milia, giornalista, scrittore ed ex alunno di quello che sarebbe poi diventato Papa Francesco. Il signor Milia infatti ha frequentato l’Istituto dell’Immacolata Concezione di Santa Fe, dove il professor Bergoglio insegnava letteratura. Su quell’esperienza, lo scrittore, molto conosciuto in Argentina, ha scritto anche un libro edito da Mondadori, Maestro Francesco
Come era il professor Bergoglio in classe?
“El Padre Bergoglio”, Jorge Mario Bergoglio S.I. o “Carucha”, è stato un insegnante speciale in una scuola speciale. L’Immacolata è il più antico istituto dell’Argentina, una storia dentro la storia. Questo istituto non voleva essere una culla di leader. La Compagnia di Gesù aveva un’altra idea: quella di educare i giovani per diventare uomini che pensano con un senso cristiano della vita ed essere in definitiva di formare testimoni della fede.
Tutto questo ha coinciso con l’idea del professor Bergoglio. Ma lui è andato anche oltre. Aveva un nuovo modo di vedere le cose, improntato ad una grande apertura mentale che ci lasciava la libertà di indagare ciò che ci interessava. Non solo ci faceva leggere la letteratura, ma ci permetteva anche di “creare” la nostra scrittura. Ci ha anche dato la possibilità di parlare con gli autori di spicco del momento.
Dove si trovava quando Bergoglio è stato eletto Papa? Se lo aspettava?
Non, non mi aspettavo la sua elezione. Avevo parlato con lui poco prima del conclave e mi aveva detto che allo suo ritorno da Roma mi avrebbe chiamato. Invece, il 13 marzo ero a casa, in giardino con un elettricista che stava piazzando degli apparecchi. Mia moglie mi ha detto dalla finestra: “C’è il fumo bianco”. Io, che aveva per un attimo dimenticato il Conclave, risposi si spegnere il forno, pensando di aver lasciato dei semi di zucca a cuocere, ma lei mi ripose: “No, non è qui, è a Roma!”. Mi sono dunque precipitato davanti alla TV per vedere chi fosse il nuovo Papa e quando ho sentito che il cardinale Tauran pronunciava le parole “Georgium Marium …” ho cominciato a piangere. Da quel momento in poi il mio telefono ha iniziato a squillare e non ha smesso più per due giorni!
Qual è il più importante contributo che un Papa argentino può dare alla Chiesa del XXI secolo?
Penso che, anche se molte persone sono già scioccate da ciò che Francesco ha già fatto, i cambiamenti potranno essere valutati solo alla fine del suo pontificato. Il cambiamento non sta nel suo essere latino-americano, argentino o gesuita, ma nella scelta dei cardinali elettori. Questo è stato preso in considerazione da pochissime persone fino ad ora, ma se non ci fosse stato un cambiamento di prospettiva nel collegio cardinalizio, oggi non avremmo avuto Papa Francesco. L’importante è che la maggior parte dei cardinali ha ritenuto che un tale cambiamento fosse necessario. Dopo, da quel “Buonasera”, il nuovo vescovo di Roma, ha iniziato le altre modifiche, ma non dimentichiamo che il primo grande cambiamento è avvenuto la sera dell’elezione.
È vero che per tutto il mondo l’essere latino-americano, argentino e gesuita sono fattori importanti. In tutti e tre i casi si tratta di una prima volta. E si potrebbero fare molte disquisizioni su quale di questi tre aspetti sia Di maggior rilievo nella figura di Papa Francesco. Ma il vero segreto di Bergoglio sta nella sua personalità, nella sua capacità di lavoro e nella fede.
Che cosa ha significato per l’Argentina l’elezione di Papa Bergoglio?
La questione è difficile, perché può avere molte risposte. In primo luogo è necessario specificare di quale Argentina parliamo. Se parliamo di Bergoglio bisogna sapere che ci sono quelli che lo vogliono e quelli che lo odiano. Alcuni di questi ultimi ora si sono travestiti da amici, ma è solo una cosa facciata. Certamente l’elezione ha cambiato molte sotto l’aspetto politico. La più importante è stata quella di evitare il disegno di legge per modificare la Costituzione. Questo ha significato l’impossibilità della rielezione per Cristina Fernández (il Capo di Stato dell’Argentina, ndr). Così si capisce l’ira del suo governo nei primi due primi giorni. Dopo hanno recuperato il buon senso (o si sono anch’essi vestiti di ipocrisia) dimenticando le quattordici sollecitazioni da parte del Cardinale Primate per avere un’udienza, sempre negata dalla Fernàndez. Per quanto riguarda l’aspetto ecclesiale invece, gli argentini hanno la stessa adesione a Francesco di tutto il mondo. Ma nella chiesa di Argentina ancora non si vede un cambiamento eclatante. E questo è logico, sono strutture molto grandi che dovevano fare un cambiamento. Per la gente comune è sempre più facile.
Ha sentito ultimamente il Papa? Cosa vi siete detti?
No, ad eccezione di qualcuna risposta via e-mail, non ho parlato con lui. L’ultima volta è stato a settembre scorso. Ma non è stata più che una chiacchierata di amici poiché io non sono un uomo di stato che ha da discutere di questioni importanti. Sono un uomo comune che solo ha avuto la fortuna di essere amico del Papa. Quando ci siamo sentiti, lui mi chiedeva sempre delle mie figlie, e ricorda ogni cosa che gli ho raccontato in precedenza e non lascia mai di darmi consigli. Quando gli ho raccontato come si aiutano fra loro, mi ha detto che con mia moglie abbiamo fatto un buon lavoro, perché le nostre figlie hanno il senso della solidarietà. Essere solidali tra sorelle o fratelli non significa fornire denaro l’uno a l’altro, è il suo buon consiglio, ma stare insieme per combattere la solitudine.