Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

Archivi del mese: dicembre 2014

ROMA – Si è svolta martedì 9 dicembre alle ore 17.30, presso la Sala Marconi della Radio Vaticana, la presentazione del volume “La tomba e la sua memoria. All’interno della Basilica di San Pietro”, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana a firma di monsignor Marco Agostini, officiale nella sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato e cerimoniere pontificio.

L’incontro è stato introdotto da Neria De Giovanni che, nella sua veste di presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari, ha spiegato come il libro parli di bellezza con uno stile bello e piacevole da leggere.

Ha preso poi la parola Sua Eminenza il Card. Raffaele Farina, archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa, che ha esordito dicendo che nessuno sa quanti libri siano stati scritti sulla basilica, ed è dunque difficile scrivere qualcosa di originale, evitando di copiare qua e là. Il volume di Mons. Agostini è riuscito a fornirci qualcosa di diverso.

L’alto prelato è poi passato a descrivere le caratteristiche deI libro che raccoglie una serie di articoli pubblicati dall’Osservatore Romano insieme a tre nuovi testi inediti. Ogni capitolo si conclude con una riflessione di carattere teologico-liturgica, che ci permette di apprezzare la basilica e le sue numerose opere d’arte alla luce della loro funzione liturgica.

Spesso la calca di turisti impedisce di cogliere la basilica per quello che è, e cioè un luogo dove vengono officiati i sacri riti. Per questo motivo, se si vuole gustare San Pietro nel suo momento più vivo, bisognerebbe visitarla al mattino presto. Ed è proprio in questo orario che l’autore vi si reca per celebrare la santa messa. Ciò rende in un certo senso unico il libro, perché la basilica è raccontata dal particolare punto di vista di chi la abita ogni giorno per adempiere al proprio ministero sacerdotale.

È poi intervenuto Guido Cornini, curatore del Reparto Arti Decorative dei Musei Vaticani, che ha letto un passo del volume dove sono descritti i diversi tipi di visitatori di San Pietro: “C’è il turista più o meno preparato a vedere cose belle, ad osservare cose diverse da quelle che scorge nelle grandi vetrine dei negozi moderni, e che s’accontenta della contemplazione dell’opera in ratione naturae, ossia gli basta ciò che è rappresentato: il fatto, la persona. C’è pellegrino che guarda le opere con una partecipazione che possiamo chiamare emotiva dovuta alla “simpatia” con le stesse cose rappresentate, vede in esse quod naturae modum excedit. Ma c’è anche il visitatore, pellegrino e turista, che insieme agli atteggiamenti testé ricordati, coglie le opere nel loro elemento materiale e tecnico, nel loro fine, nella loro collocazione storica, nella loro dipendenza dalla personalità singolare dell’artista, che osserva il modo estetico con cui sono fissate”.

È in quest’ultimo tipo di visitatore che possiamo scorgere l’identikit del lettore ideale che Mons. Agostini ha in mente. Il dottor Cornini si è poi soffermato sugli aspetti più artistici e tecnici del volume, parlando in particolare dei reliquiari e dei mosaici della basilica di San Pietro, temi trattati nel libro di Mons. Agostini

Infine ha preso la parola l’autore del libro che, dopo aver ringraziato i relatori e i presenti, ha spiegato come la sua passione verso l’arte sia nata a Verona, una città che presenta allo stesso tempo bellezze antiche, medioevali e moderne. In questo contesto è stato facile acquisire un modo di leggere l’arte.

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In occasione dell’imminente Solennità dell’Immacolata Concezione, proponiamo questo video nel quale don Gianluca Busi, iconografo e membro della commissione per l’arte della Diocesi di Bologna, presenta gli schemi iconografici mariani più diffusi. I primi tre appartengono alla tradizione orientale, mentre gli altri tre a quella occidentale.

Don Gianluca parte dall’immagine di Maria detta “Odighitria”, cioè “colei che ci mostra la strada”: la madre indica il figlio, via verità e vita, e allo stesso tempo il figlio indica la madre, capolavoro della creazione.

Don Gianluca prosegue illustrando le caratteristiche della “Eleusa”, ovvero “Madre di Dio della tenerezza”. A un primo sguardo potremmo pensare che si tratti della tenerezza fra una madre e il suo bambino, ma a una lettura più attenta possiamo notare come lo sguardo della Madonna sia triste. In realtà ella sta provando tenerezza per l’umanità peccatrice verso la quale volge gli occhi.

Infine il sacerdote volge la sua attenzione al modello della “Madre di Dio del Segno”, che nella sua tipologia deriva probabilmente da un’immagine femminile pagana legata ai misteri eleusini. Questa donna cerca il divino attraversi un’estasi, che la porterà in fuga fuori dal suo mondo. Al contrario, Maria, rivolta verso Dio, genera Gesù.

Passando alla tradizione occidentale, don Gianluca si sofferma sulla scena dell’annunciazione nel suo legame con l’eucaristia, analizzando, fra le altre, quella dipinta nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Il sacerdote propone poi una riflessione sul tema dell’addolorata attraverso il dipinto di Piero della Francesca per il cimitero di Monterchi e quello di Rogier van der Weyden, custodito oggi nel Museo del Prado.

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ROMA – Si è svolta giovedì 4 dicembre presso la prestigiosa sede del “La Civiltà Cattolica” la presentazione del volume “Nel cuore di ogni padre” che raccoglie gli scritti dell’allora padre Bergoglio. Il libro, edito da Rizzoli, contiene un’introduzione di Antonio Spadaro, Direttore della celebre rivista dei gesuiti.

Lo stesso Spadaro ha introdotto l’incontro ricordando come 13 marzo 2013, dopo l’elezione di Bergoglio, non ebbe il tempo di andare a vedere quali volumi di padre Bergoglio fossero presenti nella biblioteca de “La Civiltà Cattolica”. A ciò l’indomani rimediò padre Domenico Ronchitelli, caporedattore della rivista, che portò a padre Spadaro il volume “Meditaciones para religiosos”, la versione originale del libro che ora viene proposto in lingua italiana.

Padre Spadaro ha evidenziato come questo sia l’unico volume, scritto da Bergoglio, citato durante l’intervista che il Papa ha concesso al direttore de “La Civiltà Cattolica”. Il Papa ne ha parlato anche durante l’incontro con i membri del collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica”. Questo ci fa capire quanto questo scritto stia a cuore al Papa.

Il volume raccoglie una serie di saggi scritti da padre Bergoglio fra il 1976 e il 1982, quando si trovava alla guida della provincia dei gesuiti dell’Argentina e aveva una quarantina di anni. Il futuro pontefice delinea in questi suoi scritti la figura del gesuita che dovrebbe essere una persona dal pensiero incompleto, aperto, che riesca a cogliere, a partire dal frammento, un orizzonte più ampio o, come scrive lo stesso Bergoglio, a “percorrere cortili scorgendo praterie”.

Nelle parole di Bergoglio si può notare come non ci sia nessuna contrapposizione fra dottrina e prassi. Per Bergoglio la chiesa non può essere concepita né come “una bottega di restauro”, né come “un laboratorio di utopia”.

Ha preso poi la parola padre Marco Tasca, generale dei Frati Minori Conventuali che ha individuato quattro parole chiave per leggere il libro. La prima è “cuore”, il centro biologico della vita che in modo dinamico pulsa sangue dal centro alle periferie del corpo. Ma il cuore, nella spiritualità cristiana, è anche sede del sentimento, della coscienza, della volontà ed è sintesi di tutta la persona, perché è il luogo dove si sperimenta la presenza di Gesù. Tuttavia non si tratta di una “comfort zone” poiché, ad esempio, nel libro compare per 70 volte la parola “lotta”. È dal cuore che si dipana il coraggio dell’annuncio e allo stesso tempo la pazienza apostolica che rendono i cristiani non gli estirpatori della zizzania, ma seminatori del grano.

Padre Tasca si è poi soffermato sulla figura del padre che costituisce la cifra del pontificato in quanto il padre armonizza, mette insieme, compone il vecchio e il nuovo. Ma è anche colui che dispensa misericordia. Questa parola, e relativi sinonimi, abbondano nel libro ed è particolarmente significativo che, fra i tanti episodi, padre Bergoglio citi solo quello della vita di San Francesco nel quale il Poverello di Assisi incontra la misericordia di Dio Padre, donando misericordia al lebbroso.

La riflessione di padre Tasca si è poi concentrata sul tema delle radici. Per Bergoglio, riesce a elevarsi solo chi ha radici, solo chi è attaccato a ciò che ci fonda. Questo atteggiamento genera un senso di “appartenenza” e si è qualcuno solo nella misura in cui sia appartiene. Per essere gesuiti è necessario appartenere a un corpo, a una storia. Senza questa appartenenza all’ordine, si corre il rischio di diventare “franchi tiratori” o, al contrario, “pensionati”.

Infine padre Tasca ha sottolineato l’importanza della dimensione spirituale nel pensiero di Bergoglio, un spiritualità che significa ricerca costante del volto di Cristo. A tal proposito, padre Tasca ha citato un’espressione del Card. Maradiaga, secondo il quale, “quando stai con Bergoglio, sembra che conosca Dio Padre personalmente”.

Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes, ha riflettuto sulla leadership di Papa Francesco, tutta centrata sulla sua visione ecclesiologica caratterizzata dalla missionarietà, da una visione non clericale e non autoreferenziale.

Mauro Magatti, sociologo e docente presso l’università del Sacro Cuore, ha legato il successo di Papa Francesco al fatto che egli risponde a interrogativi moderni come quelli sul rapporto fra libertà ed autorità, affermandosi come un leader che guida senza opprimere.

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Nel transetto di sinistra riposano le spoglie mortali di Ignazio di Loyola. Esse giacciono in un’urna realizzata da Alessandro Algardi. La tomba è inserita in un contesto monumentale realizzato dal gesuita Andrea Pozzo fra il 1695 e il 1699. In alto vediamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che vegliano sul mondo, una grande sfera marmorea interamente ricoperta di lapislazzuli.

Poco sotto possiamo vedere due angeli che sorreggono lo scudo con lo stemma dei gesuiti. La grande nicchia contiene la statua in oro e argento di Sant’Ignazio, rivestito da una preziosa pianeta. La statua è “nascosta” da una tela del Pozzo che raffigura Gesù Cristo nell’atto di donare a Sant’Ignazio il vessillo della Compagnia. Un angelo mostra il libro dei vangeli a quattro personaggi, che rappresentano altrettanti continenti raggiunti dall’opera di evangelizzazione dei gesuiti.

Tutti i giorni alle ore 17.00 è possibile essere spettatori di uno straordinario “gioco” : la pala, attraverso un particolare meccanismo, viene fatta scendere e mostra la statua del santo che viene illuminata, insieme a tutto il resto della chiesa.

Sulla sinistra osserviamo un gruppo scultoreo che simboleggia il trionfo della fede sull’idolatria, opera di G. B. Théodon. La Fede, rappresentata come una donna con il calice e l’ostia, sovrasta un re pagano, al seguito del quale c’è l’idolatria. Sulla destra invece, un altro gruppo scultoreo mostra la fede, una donna con la croce in mano, che sconfigge l’eresia, opera di Pierre Le Gros.

Sia la tela del Pozzo che i due gruppi scultorei mettono in mostra la spiritualità militante di Ignazio e dei suoi figli spirituali che concepiscono la vita come una battaglia, ovviamente combattuta senza armi, per rendere maggior gloria a Dio.

Sopra la composizione del Théodon possiamo vedere una pala marmorea raffigurante l’approvazione della Compagnia di Gesù da parte di Papa Paolo III, mentre sopra quella di Le Gros, un’altra pala marmorea rappresenta Gregorio XV che canonizza Ignazio e Francesco Saverio.

Nel transetto di destra troviamo un’altra opera monumentale, realizzata su disegno di Pietro da Cortona, che accoglie la reliquia del braccio di San Francesco Saverio, collocata proprio sopra l’altare. Il grande quadro che sovrasta l’altare, opera di Carlo Maratta, rappresenta la morte di Francesco Saverio. Il Santo è raffigurato ancora nella spezzatura del timpano curvilineo mentre su una nuvola ascende verso il cielo accompagnato da molti angeli.

La parte alta del transetto è decorata da scene della vita di Francesco Saverio come il battesimo di una principessa pagana e l’episodio nel quale un granchio riporta al Santo un crocifisso che aveva perso nel mare.

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