Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

Archivi del mese: settembre 2015

Jessica Redeghieri insegna presso la scuola dell’infanzia di Novellara e lavora con gli adulti come formatrice. Fa parte di docenti virtuali, il gruppo facebook che raccoglie oltre 11.000 insegnanti che integrano la didattica tradizionale con le più​ n​uove tecnologie. Sul suo canale youtube ha realizzato oltre 160 video tutorial per aiutare altri insegnanti a destreggiarsi nella didattica virtuale. L’abbiamo intervistata per capire meglio le potenzialità​ c​he il web offre nel campo della didattica.

Quando e come ha iniziato ad appassionarsi alla didattica virtuale?

Le tecnologie sono da sempre una mia passione personale prima ancora che professionale. Ho sempre avuto sin da bambina una predilezione per i giochi elettronici, i videogiochi e il computer. Questa passione mi ha accompagnato negli anni e mi ha portato ad approfondire il grande tema delle tecnologie parallelamente agli studi pedagogici.

Durante gli anni di formazione universitaria e anche successivamente sono entrata in contatto con le teorie che prevedono un apporto attivo e creativo e una costruzione del proprio sapere da parte del bambino.

Avendo provato in prima persona quanto gli strumenti digitali possano essere uno stimolo per imparare in modo attivo, creativo e piacevole ho cercato di inserirli da subito, quando e dove possibile, all’interno dei percorsi e delle attività proposte ai ragazzi e ai bambini.

Non direi, quindi, di essermi appassionata alla didattica virtuale. Direi piuttosto che, l’utilizzo degli strumenti tecnologici, ovviamente accanto ad altri tipi di strumenti, è stato una naturale conseguenza delle mie scelte didattiche reali.

Come è​ p​ossibile utilizzare le moderne tecnologie a scuola?

Al di là dei singoli strumenti tecnologici che sono e rimangono mezzi, tutto dipende dalle scelte progettuali, metodologiche e strategiche, dell’insegnante.

A mio parere gli strumenti tecnologici (e pedagogici) da privilegiare sono quelli che permettono al bambino di creare qualcosa dando spazio quindi alla progettazione, alla ricerca, alla produzione e alla presentazione del proprio prodotto.

Solo alcuni esempi sono gli strumenti per la creazione di mappe mentali e concettuali (es. Bubbl.us, Mindomo), bacheche per la cura dei contenuti (es. Padlet, Symbaloo), presentazioni dinamiche (es. Prezi, Powtoon), video-racconti (es. Animoto, Slidestory), mappe geografiche (es. MyMaps, HistoryPin), lezioni (es. Blendspace, Edpuzzle).

Importante poi è favorire la relazione sostenendo il lavoro di gruppo, la condivisione e la creazione condivisa e avvalendosi anche di strumenti che privilegiano, quindi, l’interazione tra i ragazzi. Rispetto a questo tipo di strumenti vorrei citare tra tutti Google Drive, ambiente che permette, tra le altre funzioni, di creare documenti, fogli di lavoro, presentazioni (e molto altro) in modo condiviso quindi a più mani.

Se pensiamo, poi, alle relazioni non solo tra gli alunni ma anche tra gli alunni e l’insegnante possiamo citare gli strumenti che permettono di creare e gestire aule virtuali come Edmodo e Google Classroom e gli strumenti di videoconferenza come Hangouts e Skype.

Se, infine, vogliamo far sperimentare ai ragazzi le potenzialità dei reali strumenti tecnologici e quindi farli avvicinare ai “nuovi” ambiti di ricerca possiamo aprire le porte a temi come la robotica, l’animazione 3D, l’elettronica, la programmazione. Questo permetterà ai ragazzi non solo di apprendere attivamente ma anche di toccare con mano le tecnologie con cui, probabilmente, avranno a che fare nella loro vita futura sia professionale che personale.

Quale app utilizza maggiormente a scuola?

Per quanto riguarda la scuola negli ultimi anni abbiamo sfruttato soprattutto le potenzialità della robotica e della programmazione quindi utilizzo strumenti che mi permettano di affrontare questo tipo di tematiche che, anche per i bambini più piccoli, sono sempre un validissimo spunto di riflessione soprattutto se i percorsi proposti sono orientati alla scoperta attiva, alla creazione di prodotti e alla riflessione a piccolo e grande gruppo. Tra i software per laprogrammazione, ad esempio, ha avuto un forte impatto Kodu Game Lab e tra i robot il preferito per i più piccoli rimane BeeBot.

Quali sono i vantaggi nell’usare una didattica di questo tipo?

All’interno di un impianto didattico che privilegi l’apprendimento attivo da parte del bambino le tecnologie, se intese come strumenti di creazione, possono essere una fonte preziosa perché prima di ogni altra cosa permettono ai bambini di creare prodotti originali frutto di percorsi di progettazione unici e quindi estremamente personalizzati.

Secondo lei, la classe docente italiana è ​p​ronta ad affrontare questo nuovo approccio alla didattica?

Penso che al momento i docenti abbiano a disposizione una serie immensa di strumenti di formazione, informazione e approfondimento sia rispetto all’utilizzo tecnico delle tecnologie sia rispetto ai metodi e alle strategie più adeguati. Uno strumento prezioso è proprio il web perché, attraverso gruppi di discussione, siti, blog, canali e forum, ognuno può trovare infiniti spunti, risorse e occasioni di confronto. Numerosissimi sono, poi, i corsi che hanno come obiettivo quello di riflettere sull’utilizzo delle tecnologie nella didattica.

Penso che il cambiamento di approccio debba partire per lo più da una riflessione sui metodi di insegnamento che anche alla spinta delle tecnologie all’interno della didattica ha contribuito ad aprire, o meglio riaprire.

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Jessica Redeghieri insegna presso la scuola dell’infanzia di Novellara e lavora con gli adulti come formatrice. Fa parte di docenti virtuali, il gruppo facebook che raccoglie oltre 11.000 insegnanti che integrano la didattica tradizionale con le più​ n​uove tecnologie. Sul suo canale youtube ha realizzato oltre 160 video tutorial per aiutare altri insegnanti a destreggiarsi nella didattica virtuale. L’abbiamo intervistata per capire meglio le potenzialità​ c​he il web offre nel campo della didattica.

Quando e come ha iniziato ad appassionarsi alla didattica virtuale?

Le tecnologie sono da sempre una mia passione personale prima ancora che professionale. Ho sempre avuto sin da bambina una predilezione per i giochi elettronici, i videogiochi e il computer. Questa passione mi ha accompagnato negli anni e mi ha portato ad approfondire il grande tema delle tecnologie parallelamente agli studi pedagogici.

Durante gli anni di formazione universitaria e anche successivamente sono entrata in contatto con le teorie che prevedono un apporto attivo e creativo e una costruzione del proprio sapere da parte del bambino.

Avendo provato in prima persona quanto gli strumenti digitali possano essere uno stimolo per imparare in modo attivo, creativo e piacevole ho cercato di inserirli da subito, quando e dove possibile, all’interno dei percorsi e delle attività proposte ai ragazzi e ai bambini.

Non direi, quindi, di essermi appassionata alla didattica virtuale. Direi piuttosto che, l’utilizzo degli strumenti tecnologici, ovviamente accanto ad altri tipi di strumenti, è stato una naturale conseguenza delle mie scelte didattiche reali.

Come è​ p​ossibile utilizzare le moderne tecnologie a scuola?

Al di là dei singoli strumenti tecnologici che sono e rimangono mezzi, tutto dipende dalle scelte progettuali, metodologiche e strategiche, dell’insegnante.
A mio parere gli strumenti tecnologici (e pedagogici) da privilegiare sono quelli che permettono al bambino di creare qualcosa dando spazio quindi alla progettazione, alla ricerca, alla produzione e alla presentazione del proprio prodotto.

Solo alcuni esempi sono gli strumenti per la creazione di mappe mentali e concettuali (es. Bubbl.us, Mindomo), bacheche per la cura dei contenuti (es. Padlet, Symbaloo), presentazioni dinamiche (es. Prezi, Powtoon), video-racconti (es. Animoto, Slidestory), mappe geografiche (es. MyMaps, HistoryPin), lezioni (es. Blendspace, Edpuzzle).

Importante poi è favorire la relazione sostenendo il lavoro di gruppo, la condivisione e la creazione condivisa e avvalendosi anche di strumenti che privilegiano, quindi, l’interazione tra i ragazzi. Rispetto a questo tipo di strumenti vorrei citare tra tutti Google Drive, ambiente che permette, tra le altre funzioni, di creare documenti, fogli di lavoro, presentazioni (e molto altro) in modo condiviso quindi a più mani.

Se pensiamo, poi, alle relazioni non solo tra gli alunni ma anche tra gli alunni e l’insegnante possiamo citare gli strumenti che permettono di creare e gestire aule virtuali come Edmodo e Google Classroom e gli strumenti di videoconferenza come Hangouts e Skype.

Se, infine, vogliamo far sperimentare ai ragazzi le potenzialità dei reali strumenti tecnologici e quindi farli avvicinare ai “nuovi” ambiti di ricerca possiamo aprire le porte a temi come la robotica, l’animazione 3D, l’elettronica, la programmazione. Questo permetterà ai ragazzi non solo di apprendere attivamente ma anche di toccare con mano le tecnologie con cui, probabilmente, avranno a che fare nella loro vita futura sia professionale che personale.

Quale app utilizzi maggiormente a scuola?

Per quanto riguarda la scuola negli ultimi anni abbiamo sfruttato soprattutto le potenzialità della robotica e della programmazione quindi utilizzo strumenti che mi permettano di affrontare questo tipo di tematiche che, anche per i bambini più piccoli, sono sempre un validissimo spunto di riflessione soprattutto se i percorsi proposti sono orientati alla scoperta attiva, alla creazione di prodotti e alla riflessione a piccolo e grande gruppo. Tra i software per laprogrammazione, ad esempio, ha avuto un forte impatto Kodu Game Lab e tra i robot il preferito per i più piccoli rimane BeeBot.

Quali sono i vantaggi nell’usare una didattica di questo tipo?

All’interno di un impianto didattico che privilegi l’apprendimento attivo da parte del bambino le tecnologie, se intese come strumenti di creazione, possono essere una fonte preziosa perché prima di ogni altra cosa permettono ai bambini di creare prodotti originali frutto di percorsi di progettazione unici e quindi estremamente personalizzati.

Secondo lei, la classe docente italiana è​p​ronta ad affrontare questo nuovo approccio alla didattica?

Penso che al momento i docenti abbiano a disposizione una serie immensa di strumenti di formazione, informazione e approfondimento sia rispetto all’utilizzo tecnico delle tecnologie sia rispetto ai metodi e alle strategie più adeguati. Uno strumento prezioso è proprio il web perché, attraverso gruppi di discussione, siti, blog, canali e forum, ognuno può trovare infiniti spunti, risorse e occasioni di confronto. Numerosissimi sono, poi, i corsi che hanno come obiettivo quello di riflettere sull’utilizzo delle tecnologie nella didattica.
Penso che il cambiamento di approccio debba partire per lo più da una riflessione sui metodi di insegnamento che anche lla spinta delle tecnologie all’interno della didattica ha contribuito ad aprire, o meglio riaprire.

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empo di Misericordia del giornalista inglese Austen Ivereigh è sicuramente una delle più complete biografie su Papa Francesco. L’autore, in nove capitoli, ognuno di una cinquantina di pagine, ripercorre la vita del primo pontefice latino-americano, dalle origini fino all’elezione a successore di Pietro.

Il volume, di taglio prevalentemente storico, ha il pregio di narrare la vita di Bergoglio tenendo sempre presente i contesti nei quali si sono svolte le vicende dell’attuale pontefice. La vita di Bergoglio è così indissolubilmente associata alla famiglia d’origine, alla città di Buenos Aires, alla situazione politica dell’Argentina, alle vicende della Compagnia di Gesù e allo sviluppo della Chiesa in America Latina.

La figura di Papa Francesco ha portato moltissime persone in ogni parte del globo ad avere una rinnovata attenzione verso la Chiesa, eppure la sua persona è stata spesso oggetto delle più svariate critiche, anche prima del sua salita al Soglio di Pietro. Si è parlato di lui come di un comunista, di un progressista, ma allo stesso tempo si è anche detto di lui che era un conservatore!

L’analisi attenta dell’autore consente di fare chiarezza sul personaggio Bergoglio e di liberarlo dalle gabbie ideologiche nelle quali spesso lo si è voluto imprigionare. Ad esempio, coloro che conoscono poco la storia della Chiesa in America Latina, quando hanno sentito Papa Francesco parlare di una “Chiesa povera per i poveri”, hanno associato questo discorso alla Teologia della Liberazione, la visione teologica, nata in America Latina, che rilegge l’avvenimento cristiano alla luce dell’ideologia marxista.

Austen Ivereigh spiega invece molto bene come Bergoglio sia invece in sintonia con la Teologia del Popolo, una variante Argentina della Teologia della Liberazione che mette al centro della propria riflessione la sensibilità religiosa e la cultura delle popolazioni latino-americane e che, a ben vedere, ha poco a che fare con la Teologia della Liberazione.

Un’altra caratteristica della Teologia del Popolo è quella di mettere al centro la gente comune come soggetto attivo nella costruzione della società, mentre nella visione marxista il popolo è piuttosto la massa da educare e lo strumento attraverso il quale giungere al potere.

Benché sia nella Teologia della Popolo che in quella della Liberazione si parli di “popolo”, è evidente che gli approcci siano completamente diversi. Questa diversità di vedute spaccava anche la Compagnia di Gesù: da una parte c’erano quelli che come Bergoglio volevano un contatto vivo con i poveri e gli ultimi (con lo slogan “i sandali senza i libri) dall’altra c’erano coloro che volevano teorizzare modelli utili per migliorare le condizioni dei poveri (con lo slogan “i libri senza i sandali).

La visione di Bergoglio si ispirava al carisma di Ignazio di Loyola e all’azione dei missionari gesuiti che nelle reducciones avevano portato il vangelo alle popolazioni locali avendo con esse un assiduo contatto. Per questa sua fedeltà alle origini della Compagnia di Gesù Bergoglio fu considerato un conservatore.

Il volume è ricco infine di testimonianze dirette di molte persone che hanno conosciuto da vicino Bergoglio, di rimandi a quelle che sono le sue fonti spirituali e le sue letture e tutto ciò fa sì che sia davvero un libro da leggere se si vuole conoscere a fondo l’attuale pontefice

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empo di Misericordia del giornalista inglese Austen Ivereigh è sicuramente una delle più complete biografie su Papa Francesco. L’autore, in nove capitoli, ognuno di una cinquantina di pagine, ripercorre la vita del primo pontefice latino-americano, dalle origini fino all’elezione a successore di Pietro.

Il volume, di taglio prevalentemente storico, ha il pregio di narrare la vita di Bergoglio tenendo sempre presente i contesti nei quali si sono svolte le vicende dell’attuale pontefice. La vita di Bergoglio è così indissolubilmente associata alla famiglia d’origine, alla città di Buenos Aires, alla situazione politica dell’Argentina, alle vicende della Compagnia di Gesù e allo sviluppo della Chiesa in America Latina.

La figura di Papa Francesco ha portato moltissime persone in ogni parte del globo ad avere una rinnovata attenzione verso la Chiesa, eppure la sua persona è stata spesso oggetto delle più svariate critiche, anche prima del sua salita al Soglio di Pietro. Si è parlato di lui come di un comunista, di un progressista, ma allo stesso tempo si è anche detto di lui che era un conservatore!

L’analisi attenta dell’autore consente di fare chiarezza sul personaggio Bergoglio e di liberarlo dalle gabbie ideologiche nelle quali spesso lo si è voluto imprigionare. Ad esempio, coloro che conoscono poco la storia della Chiesa in America Latina, quando hanno sentito Papa Francesco parlare di una “Chiesa povera per i poveri”, hanno associato questo discorso alla Teologia della Liberazione, la visione teologica, nata in America Latina, che rilegge l’avvenimento cristiano alla luce dell’ideologia marxista.

Austen Ivereigh spiega invece molto bene come Bergoglio sia invece in sintonia con la Teologia del Popolo, una variante Argentina della Teologia della Liberazione che mette al centro della propria riflessione la sensibilità religiosa e la cultura delle popolazioni latino-americane e che, a ben vedere, ha poco a che fare con la Teologia della Liberazione.

Un’altra caratteristica della Teologia del Popolo è quella di mettere al centro la gente comune come soggetto attivo nella costruzione della società, mentre nella visione marxista il popolo è piuttosto la massa da educare e lo strumento attraverso il quale giungere al potere.

Benché sia nella Teologia della Popolo che in quella della Liberazione si parli di “popolo”, è evidente che gli approcci siano completamente diversi. Questa diversità di vedute spaccava anche la Compagnia di Gesù: da una parte c’erano quelli che come Bergoglio volevano un contatto vivo con i poveri e gli ultimi (con lo slogan “i sandali senza i libri) dall’altra c’erano coloro che volevano teorizzare modelli utili per migliorare le condizioni dei poveri (con lo slogan “i libri senza i sandali).

La visione di Bergoglio si ispirava al carisma di Ignazio di Loyola e all’azione dei missionari gesuiti che nelle reducciones avevano portato il vangelo alle popolazioni locali avendo con esse un assiduo contatto. Per questa sua fedeltà alle origini della Compagnia di Gesù Bergoglio fu considerato un conservatore.

Il volume è ricco infine di testimonianze dirette di molte persone che hanno conosciuto da vicino Bergoglio, di rimandi a quelle che sono le sue fonti spirituali e le sue letture e tutto ciò fa sì che sia davvero un libro da leggere se si vuole conoscere a fondo l’attuale pontefice

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