Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

ROMA – A margine della presentazione dei volumi “Symbolum” e “I want you” scritti da Maria Rosa Poggio abbiamo avuto il piacere di incontrare Sua Eccellenza Mons. Domenico Sigalini, Vescovo di  Palestrina e Assistente Nazionale dell’Azione Cattolica.

Eccellenza buonasera e grazie per la sua disponibilità. Sono passati 20 anni dall’uscita del Catechismo,  c è stato poi un compendio del catechismo e ora arriva “Symbolum”. Si sentiva il bisogno di aggiungere uno strumento come il libro che è stato appena presentato?

Secondo me sì, perché è stato elaborato il catechismo, si è fatto  il compendio, che è ancora più concentrato, ma mancava la parte didattica. Ai preti di per sé non serve, nemmeno ai vescovi , ma alla gente serve e vedo che questo strumento è fatto bene. È un buon strumento, non so quanti giovani riusciranno a farlo diventare un loro strumento, però nella scuola, per esempio, si potrebbe utilizzare da parte degli insegnanti, oppure in qualche realtà associativa di grande presa o ancora per un corso in preparazione al matrimonio di potrebbero prendere degli spunti da questo sussidio.

E come Assistente Nazionale dell’Azione Cattolica pensa che proporrà questo testo ai vari formatori?

Sì, sicuramente proporrò quello del “Symbolum”.  Invece per quanto riguarda “I Want you”, nell’Azione Cattolica abbiamo molti testi simili, però di questo mi interessa la particolare attenzione al tema della chiamata, anche perché  il Papa ci invita sempre più spesso ad  “uscire”, quindi anche per noi una lettura del vangelo a partire da questa prospettiva si impone come necessaria.

Durante la presentazione ha fatto un accenno allo spazio dei laici che secondo lei è carente nel libro ed ha invitato a colmare questo vuoto nella seconda edizione. Può tornare su questo argomento?

Il catechismo è molto strutturato e parla della Chiesa del Papa, dei vescovi, dei preti dei religiosi e dei laici. Invece  adesso cominciamo a dire ci sono i laici e poi il papa, ma sono tutti uguali. Occorre un modello diverso, che segua il Concilio. Ci vuole questa  mentalità, ci si sta lavorando e mi pare che l’Azione Cattolica sul tema della corresponsabilità dei laici ci stia mettendo la pelle.

Secondo l’autrice, senza nulla togliere all’arte contemporanea,  quella del passato è semplice ed immediata ed è particolarmente indicata per quella che chiamiamo nuova evangelizzazione. Lei è sulla stessa linea d’onda o pensa che anche un massiccio ricorso alle opere moderne sia utile?

L’arte contemporanea è difficile da capire, anche se c’è un bel novecento artistico in particolare quello francese. Ci sono delle buone espressioni pittoriche moderne che sono state favorite e raccolte da Paolo VI. Io sono figlio di un pittore, però mio padre era un impressionista e faceva quadri che si capivano e c’era l’emozione del colore. Quindi ho l’idea che si possa arrivare alla modernità,  però non in termini astratti e intellettualoidi, ma propositivi ed emotivi.

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