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RIMINI – Continua il nostro viaggio alla scoperta del volto più genuino e più nascosto del Meeting di Rimini, quello che i tg, tutti interessati al solo aspetto politico della manifestazione ciellina, non trattano. Oggi (venerdì 23 agosto, nda) siamo all’interno della mostra “Il Volto Ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo” dedicata alla figura di Cristo, con particolare attenzione ai lineamenti che emergono dal Volto Santo di Manoppello, cioè l’immagine che è rimasta impressa su quello che per la tradizione è il fazzoletto adoperato dalla Veronica per asciugare il viso di Gesù durante la Via Crucis. Ci ha guidato Michele Colombo che è ricercatore alla Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica di Milano e uno dei curatori della mostra, e gli abbiamo rivolto qualche domanda.

A quante edizioni del Meeting hai partecipato e quante mostre hai già guidato?

Ho lavorato al Meeeting come volontario dai quattordici ai ventiquattro anni. Dopo l’università, sono stato curatore con altri amici di tre mostre di argomento letterario, una sui Promessi sposi di Manzoni nel 2004, una sul Paradiso di Dante nel 2006 e una sui Canti di Leopardi nel 2008. Quest’anno è arrivata la proposta da parte di Raffaella Zardoni, l’ideatrice della mostra di Manoppello, di coinvolgermi sia nell’organizzazione dell’esposizione vera e propria sia nell’allestimento del catalogo (che per certi versi è un vero libro di ricerca sul tema). Naturalmente in alcuni anni sono venuto al Meeting anche da semplice turista.

Forse il Santuario di Manoppello non è così conosciuto come tanti altri santuari italiani. Tu lo conoscevi già?

L’ho conosciuto grazie a Raffaella, che a sua volta l’ha conosciuto grazie alla visita privata di Benedetto XVI a Manoppello il primo settembre del 2006: in un certo senso la nostra mostra nasce dalla sua paternità. Quando sono andato con Raffaella e altri amici al santuario per la prima volta ero molto incuriosito, perché, come tu dici, si tratta di un posto ancora poco noto. Vedere il Volto Santo da vicino, poter constatare con i miei occhi le caratteristiche straordinarie del velo e fermarsi a contemplare la profonda tenerezza dello sguardo che l’immagine trasmette sono state esperienze uniche. Proprio da quella gita (accompagnata da ottimi pranzi di cucina abruzzese, tra l’altro) è nata la mia collaborazione alla mostra.

Cosa intendi con “caratteristiche straordinarie del velo”?

Il Volto Santo di Manoppello non pare né dipinto né tessuto: come l’immagine si sia impressa sul velo e come sia perfettamente visibile da entrambi i lati (tanto che non è possibile decidere quale sia il diritto e quale il rovescio) non sembra facilmente spiegabile. Inoltre la sottigliezza estrema del tessuto (forse bisso marino?) fa sì che l’espressione del volto muti in maniera sorprendente a seconda dell’illuminazione: ora è scura e sofferente, ora è radiosa e pacificata.

Quale aspetto della mostra ti colpisce maggiormente?

Il desiderio dei visitatori di vedere i tratti del volto di Gesù e la loro commozione quando fissano lo sguardo negli occhi dell’uomo di Manoppello. Proprio per questo la mostra si conclude con una sala in cui è possibile per il visitatore contemplare in silenzio il Volto Santo. È una strada alla riscoperta che il cristianesimo è rapporto con un uomo presente: un rapporto in cui, come ebbe a dire don Giussani, Cristo è mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo è mendicante di Cristo.

Nel salmo 26 il re Davide chiede a Dio di abitare nella sua casa per ammirare la bellezza del suo Volto e quella del suo Tempio. Secondo te il binomio Volto-Tempio, che è alla base della nascita delle più belle chiese in Europa e nel mondo, può essere il punto di partenza per una nuova evangelizzazione basata sul tema della bellezza?

La tua domanda mi fa pensare all’invito di papa Francesco ad andare verso le periferie dell’esistenza: le periferie sono appunto le zone più degradate, dove lo sguardo è continuamente offeso dalla mancanza di armonia e bellezza e dove la ricerca di volti umanamente ricchi sembra più difficile. Credo perciò che il binomio Volto-Tempio possa essere il punto di partenza se, sfuggendo al pericolo del pietismo, è animato dalla consapevolezza che il bello non è un accessorio ma il segno di ciò che il cuore di ogni uomo desidera.

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