Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

MONTEPRANDONE – Poco prima della sua esibizione, avvenuta mercoledì 2 gennaio nella chiesa di San Giacomo della Marca di Monteprandone, abbiamo conosciuto e intervistato Fra Alessandro da Assisi che attraverso il canto si propone di fare un’opera di nuova evangelizzazione. Ci ha colpito per la sua gioiosità e semplicità tipicamente francescane e per il modo in cui ci ha spiegato il ruolo che la musica ha nel panorama della missione evangelizzatrice della Chiesa oggi. Frate Alessandro ci ha anche detto che è venuto a Monteprandone con grande piacere, quasi in pellegrinaggio nella chiesa di San Giacomo, poiché il suo nome da religioso è proprio “Giacomo”.

Ci puoi descrivere le tappe salienti della tua formazione artistica che ti hanno portato da Perugia, città dove sei nato, a Londra, dove hai inciso, negli stessi studi dove si sono esibiti i Beatles, l’album “Voices from Assisi”? È venuta prima la vocazione religiosa o quella per la musica?

È venuta prima la vocazione per la musica, o meglio, si è palesata prima, perché in realtà sono nate insieme. Il Signore ha sempre un progetto nella persona e scrive la storia con la persona mano a mano che va avanti nel  cammino. Dio poi ti lascia libero, dialoga con te, vede quello che accade nella tua vita, nella tua storia e a mano a mano ti porta sempre avanti, fino ad arrivare alla missione compiuta. Ho cominciato a studiare musica quando avevo nove anni.  Ho cominciato col solfeggio per  due anni. Per un bambino è piuttosto duro a fare solo solfeggio senza suonare,  e così suonavo anche di nascosto! Poi quando ho avuto 15 anni mi sono iscritto al corso di organo al conservatorio perché volevo fare l’organista. La passione per la musica è nata seguendo quelli che per me sono due grandi maestri:  Bach e Michael Jackson . Ascoltavo la loro musica e allora volevo fare l’organista. A livello musicale mi sarebbe piaciuto di più diventare organista piuttosto che compositore di musica pop, comunque capivo anche che per fare musica pop c’era bisogno di una base classica. Così ho cominciato il corso, poi ho portato avanti la sperimentazione musicale magistrale dove ho imparato molto di musica e poi ho cominciato canto quando avevo 18 anni, un po’ per scherzo, un po’ per gioco. Nel frattempo quando avevo 16 anni, ho avuto un momento molto molto grande di conversione che mi ha aiutato ad andare avanti e ad uscire fuori da una crisi profonda di tensione spirituale. Poi subito dopo ho desiderato di dare tutta la mia vita a Dio perché dicevo che se Dio si è dato tutto anche io  volevo dare tutto e questa cosa è andata avanti nel silenzio e nel mio cuore, perché avevo paura.  Non avevo detto niente a nessuno, era una cosa che non sapevo quanto veramente volessi , era forte, ma allo stesso tempo mi spaventava, tutto quello che un ragazzo di 16 anni può provare. A 19 anni ho deciso di tagliare la testa al toro e mi sono fatto dare una mano andando ad Assisi dove ho chiesto aiuto ad un frate che mi ha seguito per due anni.  All’inizio di questo cammino ho voluto fare un gesto che era quello dell’abbandonare lo studio dell’organo, come per dire:  “Ecco adesso penso solo a Te, caro mio Dio”. Non so quanto ho fatto veramente bene, ma posso sicuramente dire che mi è stato utile per capire a cosa veramente tenevo. Dopo  sono entrato in convento, ho continuo a seguire il canto anche se all’inizio non andava molto bene. Poi ho iniziato anche a seguire i frati nel canto. La mia talent scout è  stata Caterina Sharp, una cantante di Perugia che non conoscevo, ma che mi ha sentito cantare in uno dei piccoli concerti che organizzavo e lei ha insistito perché facessi un’audizione, anche se io mi rifiutavo perché non era quello che cercavo, finché lei mi ha organizzato l’audizione dicendomi di andare  a casa sua perché era già tutto organizzato. Lì c’era un manager che era pronto ad ascoltarmi. Sono andato a casa sua, ho fatto una prima audizione, poi questo manager  mi ha chiesto un’altra audizione con la Decca e al termine mi hanno proposto di fare il CD. Io non cercavo questo, ma mi ci sono trovato e ho pensato che questa potesse essere un’occasione di evangelizzazione

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno insistito sulla “via pulchretudinis”, la via della bellezza. In che modo secondo te la musica può avvicinare a Dio?

La musica è la voce di Dio per cui avvicina a lui,  perché tocca direttamente il cuore, entra dentro tocca e ricrea, perché se la voce di Dio ha creato il mondo, quando Dio torna a parlare con la musica ricrea di nuovo. La musica congiunge a Dio in modo connaturale, chiunque fa esperienza di musica fa un’esperienza di Dio, chiunque fa esperienza di bellezza fa esperienza di Dio, perché Dio è bellezza. È diretta, è immediata, non c’è bisogno di ragionarci, è semplice!

Il Cristianesimo è stato determinante per lo sviluppo della musica. Basta pensare all’invenzione delle note ad opera del monaco benedettino Guido d’Arezzo. Quale compositore secondo te si è avvicinato maggiormente con la sua produzione artistica al divino?

Bach e Palestrina sono gli autori che secondo me maggiormente si sono avvicinati al mistero di Dio. Palestrina perché dietro a tutta la sua produzione c’è una naturalità della melodia. Lui ha seguito la natura, tu senti le sue melodie e capisci che non poteva essere diversamente. Se ascolti un mottetto palestriniano dici che non poteva essere diversamente, non c’è una soluzione migliore  di quella del “Sicut cervus” . Bach perché ha reso la sua musica un simbolo. La sua produzione è tutta simbolica e questo significa che parla lo stesso linguaggio di Dio che è simbolico, la bellezza è simbolica.

Ci hai già detto che fra gli autori profani provi particolare ammirazione per Michael Jackson . Cosa ti piace di lui?

Michael Jackson mi ha sempre affascinato per la sua musica e soprattutto per la sua testimonianza: lui riconosceva nella sua musica un’origine divina, come anche nella sua danza.  In tutta l’arte che faceva, lui ha sempre detto “Non è roba mia, è roba che viene da Dio e non è per me, io sono solo un tramite”. Detto da uno che non cristiano è  particolarmente interessante

Tornando alla musica sacra, quale è il pezzo che maggiormente ti piace proporre al pubblico, quello che ti emoziona di più, quello che quando esegui di fa vibrare?

A me piace molto l’Ave Maria di Mascagni. Per me è molto profondo e mi commuove tantissimo ogni volta che lo interpreto

Qual è il tuo giudizio sul canto sacro che si è sviluppato dopo il Concilio Vaticano II? A volte ascoltiamo durante la liturgia brani non sempre all’altezza del mistero che si sta celebrando…

È una questione semplicemente di ordine. C è musica per la liturgia, musica sacra e musica di evangelizzazione. Io credo che il problema sia la confusione che si faccia fra queste due realtà. Faccio un esempio: molti canti dei movimenti , come quelli del Rinnovamento o del Gen,  sono ben fatti, per cui capisci che sono bei canti, che riescono a commuovere, a convertire. Ma questo non basta per farli entrare nella liturgia perché è la Chiesa stessa che ci chiede e ci dà i criteri per far sì che possano entrare nella liturgia e il criterio fondamentale è la santità,  intesa come distinzione dal profano. Se una canzone assomiglia ad un brano pop, per quanto possa essere utile per la conversione, non è utile per la liturgia.. Per cui basta seguire queste indicazioni  e tutto prende ordine da sé. Non partirei col dire “Questo va bene, questo è quello giusto, questo invece è  sbagliato”. Bisogna partire da un ordine, quando c’è un moto, un qualcosa che ti ispira, anche un brano di musica rock cristiana può andare bene, non è un male, basta dargli il giusto posto. Nella liturgia in brano del genere non può entrare, però perché non fare ad esempio dei concerti di evangelizzazione ? lo fanno i protestanti, potremmo farlo anche noi cattolici.

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